Nuovo Codice Appalti: i dubbi dei professionisti e la lettera aperta al Governo.

ll 16 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo Codice degli Appalti sullo schema definitivo pubblicato dal Consiglio di Stato trasmesso al Governo il 7 dicembre. Procede quindi la riforma della normativa sugli appalti per applicare il nuovo Codice a tutti i nuovi procedimenti a partire dal 1° aprile 2023, per poi abrogare l’attuale normativa dal 1° luglio 2023 estendendo le nuove norme anche ai procedimenti già in corso.

Attraverso i media il Governo ha presentato le novità del Codice riformato come norme che “permetteranno di semplificare le procedure e garantire tempi più veloci e che rappresenteranno anche un volano per il rilancio della crescita economica e l’ammodernamento infrastrutturale della Nazione.”

In realtà il nuovo Codice presenta diversi punti problematici, soprattutto con le procedure per l’utilizzo dei fondi PNRR in corso. Il Presidente della Fondazione Inarcassa Franco Fietta: “Troppe misure strabiche incombono sulle nostre teste, dall’accorpamento dei livelli progettuali al ritorno indiscriminato dell’appalto integrato”; Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti “Esiste una grave sottovalutazione della centralità del progetto nel processo di sviluppo delle procedure nelle opere pubbliche con il rischio, molto concreto, che le risorse del PNRR possano essere intercettate e non essere impegnate nella originaria strategia di ripresa del Paese su cui l’Europa ha avviato il Recovery Fund” .

Inoltre, nessuno degli emendamenti proposti al Governo dal gruppo di lavoro “Lavori Pubblici” della Rete delle Professioni Tecniche è stato recepito dal nuovo schema, che adesso sarà all’esame del Parlamento.

In particolare, uno dei punti più problematici è la riduzione dei livelli di progettazione, progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo, con la sostanziale eliminazione del progetto definitivo come meglio specificato negli elaborati necessari descritti nell’allegato I.7. Inoltre, nell’art.41 comma 5 si precisa che “Per gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria può essere omesso il primo livello di progettazione a condizione che il progetto esecutivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso”.

Il progetto definitivo è da sempre il livello di progettazione necessario per l’ottenimento dei pareri, non solo nelle opere pubbliche, ma anche in quelle private, pertanto la sua soppressione ci porta a dire che tutti i pareri dei diversi enti si dovranno ottenere con il PFTE, sia in conferenza di servizi che in un normale procedimento di PdC.

Mentre la possibilità di omettere anche il primo livello per interventi di manutenzione straordinaria potrebbe portare ad avere il solo progetto esecutivo per opere di manutenzione straordinaria che comportano anche un cambio di destinazione d’uso, con buona pace della centralità del progetto.

Naturalmente queste radicali modifiche non potranno che creare ulteriori problemi nelle SA, soprattutto in quelle più piccole, che si trovano già in difficoltà con la gestione dei bandi legati ai finanziamenti PNRR.

E per concludere da nessuna parte vengono menzionate le tariffe professionali e il loro adeguamento al nuovo iter progettuale, con buona pace del compenso del lavoro intellettuale.

L’auspicio è che nei lavori parlamentari si affrontino queste problematiche, avendo soprattutto consapevolezza che questa radicale trasformazione della programmazione/progettazione/realizzazione dell’opera pubblica potrebbe portare a maggiori complicazioni più che semplificazioni, soprattutto per le Stazioni Appaltanti.

Leggi la lettera firmata dall’Ordine di Torino insieme a 101 Ordini Territoriali, pubblicata il 23 dicembre su Il Corriere.

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