#06. Intervista a Martin Anzellini Garcia Reyes, Pontificia Universidad Javeriana, Bogotà, Colombia
Prosegue il monitoraggio dell’osservatorio di POLITO Studio delle best practices nell’ambito delle sinergie fra ordini professionali e istituzioni accademiche. L’obiettivo è accompagnare e istruire le attività di POLITO Studio a partire da casi innovativi riconosciuti a livello internazionale. L’Osservatorio si propone di costruire un archivio incrementale di best practices osservate in diversi contesti geografici e normativi, anche attraverso interviste ai protagonisti. La sesta uscita dell’Osservatorio è dedicata all’approfondimento del rapporto tra Università e mondo professionale in architettura nella Pontificia Universidad Javeriana.
Intervista a Martin Anzellini, Pontificia Universidad Javeriana, 6 settembre 2021
Martin Anzellini Garcia Reyes è Direttore del Dipartimento Architettura della Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá, Colombia, fino al 20 settembre 2021. Successivamente il suo ruolo sarà quello di professionista e lecturer presso la Pontificia Universidad Javeriana.
Qual è l’importanza della collaborazione tra università e professionisti nel campo dell’architettura?
È uno dei motivi per cui sono stato portato come Direttore qualche anno fa alla Javeriana, uno dei temi per cui ho fatto lo sforzo più grande all’interno del Dipartimento di Architettura della Javeriana. Sono sempre stato Professore – non a tempo pieno – e come tale ho sempre cercato di fare progetti al di fuori dell’aula mentre come professionista ho sempre provato a portare avanti collaborazioni all’interno dell’Università. Questo è un tema fondamentale, noi accademici siamo molto isolati dal mondo reale e penso ci siano scienze pure in cui vada bene essere all’interno di un laboratorio isolati dalla realtà, isolati da quel che succede all’esterno; ma l’architettura non è solo una disciplina scientifica, l’architettura è un mestiere. Bisogna trovare spazi in cui l’università abbia delle conoscenze e un profilo – diciamo – speciale di cui si ha bisogno per risolvere i problemi del mondo reale.
Come delineerebbe il tema della conoscenza all’interno delle università?
Da un lato la conoscenza dell’università spesso rimane confinata e non esce dall’ambito universitario, dall’altro lato vi sono molti problemi nel mondo reale per cui spesso l’università ha le risposte e, a causa della separazione dal mondo reale, non portiamo le soluzioni e riflessioni accademiche sul campo. Penso che l’università debba essere più collaborativa, in molti progetti il nome dell’università, la figura scientifica dell’università è necessaria, è una figura che un ufficio privato non possiede, neppure una grande multinazionale di consulenza, ma la figura dell’università è importante per poter dare un messaggio neutrale, scientifico e tecnico che un privato non può dare con facilità.
Può raccontarci un esempio di progetto specifico?
Un caso molto interessante riguarda il Ministero dell’Educazione il quale ha 350 cantieri attivi in tutto il Paese, fermati a causa della pandemia di Covid-19 con i relativi disagi causati dal fermo dei cantieri e adjustment dei contratti da affrontare. Il Ministero ha chiamato l’università Javeriana e abbiamo creato un mini-software in cui il Ministero poteva inserire i dati di tutti i cantieri aperti – metratura del cantiere, periodi di fermo, posizione in Colombia – e in modo molto semplice e il software indicava quanti soldi dovevano ad un determinato appaltatore. Questo software con il logo dell’Università Javeriana ha evitato moltissimi problemi al Ministero dell’Educazione con gli appaltatori, il nome dell’Università è stato “tranquillizzante” e ha permesso di negoziare in maniera più semplice. Un altro esempio è rappresentato da un progetto che abbiamo portato avanti per alcuni paesi di ex guerriglieri, una tematica molto interessante dal punto di vista accademico e sociale. Abbiamo lavorato con un gruppo del PPU (Programma Pianifica Universitaria), abbiamo realizzato il masterplan per aiutarli a ottenere un finanziamento pubblico per comprare un lotto – che siamo già riusciti ad acquistare – e ricostruiranno un piccolo insediamento per loro. Questo è un lavoro professionale che abbiamo portato avanti con la comunità. Con il documento che abbiamo realizzato, il governo ha contattato un’altra università per fare il progetto preliminare di alcuni di questi spazi.
Come possono i progetti costruiti essere considerati prodotti scientifici? C’è una distinzione tra cosa può fare un professionista esterno all’università e ciò che si può fare invece all’interno dell’università?
Nel mio caso i progetti che ho realizzato quando ero fuori dall’Università, quando non ero Professore, mi sono valsi come “prodotti accademici”. Ci sono alcuni requisiti da rispettare, non tutti i progetti possono essere considerati progetti accademici. Per menzionarne un paio, il progetto deve essere “rilevante” che contribuisca alla disciplina ed è molto importante che sia stato avvallato, valutato da una commissione – ad esempio concorsi, la Biennale Colombiana di architettura. Quando si lavora all’interno dell’università un altro requisito è che il Direttore del progetto sia Professore dell’università, non un Professore a contratto, deve essere dello staff dell’università. Solitamente i progettisti sono Professori dell’Università ma capita si facciano partnership con studi di architettura esterni, le esperienze di ognuno si sommano e si diventa competitivi, da soli non si può essere competitivi.
L’intervista si chiude con un’interessante riflessione riguardo la competitività in campo nazionale ed internazionale.
In Colombia, nel campo dell’architettura – così come in altre discipline – gli studi di architettura medio-piccoli non sono competitivi contro le gigantesche multinazionali. Per fare un esempio: se la città di Bogotà volesse ridisegnare alcuni villaggi, chiama un gruppo di professionisti di alto livello con la capacità finanziaria di poter partecipare a concorsi di architettura, nessuno studio di architettura riuscirebbe a farlo. Invece le università, a volte associate con studi professionali, sono competitive quindi riescono ad ottenere contratti che altrimenti sarebbero solamente presi da multinazionali.
Credits
- Intervista condotta da:
Lidia Preti, Politecnico di Torino, Dipartimento di Architettura e Design, PhD Student
Valeria Federighi, Politecnico di Torino, Dipartimento di Architettura e Design, Assistant Professor
Link allo studio profesionale: www.agrarquitectos.com