Una somma di esigenze individuali che dà vita a un progetto collettivo, replicabile ovunque: si basa su questo principio il contributo dei tre architetti Amath Luca Diatta, Mauro Fontana e Ambra Seghesio al nostro manifesto “Architettiamo la città per la fase due”. L’idea è quella di andare “oltre la ringhiera” e immaginare la rifunzionalizzazione dei cortili attraverso il coinvolgimento di tutti i condomini, secondo le capacità di ognuno.
Oltre la ringhiera
Distanziare
La città è cambiata, e con essa le nostre abitudini. C’è chi non ha retto il peso della “reclusione” casalinga e chi ha fatto tesoro di questo momento per riflettere sul futuro. Un futuro che ci vede coinvolti nell’immediato, nella gestione degli spazi pubblici, privati, individuali e collettivi.
Oggi in questa fase di convivenza con il virus dobbiamo proiettarci in quella che sarà la vita e la ripresa delle attività dopo la pandemia. Sarà un processo che richiederà tempo e impegno da parte della collettività, con l’obiettivo di adattarsi ad un nuovo modo di vivere.
La situazione attuale ci porta a pensare che il distanziamento sociale influenzerà la nostra vita fatta di azioni e di spazio, il cui costitutivo non è il vuoto, ma il pieno della presenza di relazioni sociali.
Quali spazi dell’abitare collettivo saremo in grado di trasformare nei prossimi mesi per mantenere la “giusta distanza”?
Socializzare
Come comunità, stiamo sperimentando sulla nostra pelle un processo di tessitura sociale attraverso la riscoperta dello spazio collettivo del cortile. La vita che abbiamo condotto sino ad oggi ci portava inconsciamente ad un “distanziamento sociale”: la stretta e lunga corte di un condominio a ballatoio torinese si è trasformata negli ultimi anni in luogo di passaggio in cui ognuno, preso dai propri pensieri e dalla vita frenetica, non si è mai soffermato ad instaurare rapporti con i vicini guardando oltre la propria ringhiera.
La pandemia ci ha divisi, ma ci ha anche uniti. A partire dall’8 marzo 2020, col passare dei giorni, i semplici “ciao”, “buongiorno”, “buonasera”, si sono trasformati in “come stai, tutto bene?”, “cos’hai fatto di bello oggi?”, “che splendida giornata di sole, se solo potessimo sarebbe bello organizzare una grigliata tutti insieme in cortile”.
“Il paesaggio confinato” del cortile sta facendo emergere un rinnovato interesse verso i rapporti di vicinato: ci ha fatto scoprire un lato delle nostre vite sino ad oggi nascosto, ci ha fatto conoscere, ci ha fatto urlare dai balconi con i nostri vicini.
Come architetti, ci stiamo adesso chiedendo in che modo poterci riappropriare degli spazi privati e intimi del cortile. È da un po’ infatti che riflettevamo su come trasformare il nostro cortile in un valore aggiunto per chi lo abita, pensando a delle azioni che coinvolgano in prima persona tutti gli abitanti con buona volontà e spirito di comunità.
Il concetto di condivisione dello spazio è comunque insito nella casa di ringhiera: tale tipologia di edilizia residenziale popolare, infatti, prevede la condivisione dello stesso ballatoio, così come del cortile interno, nel quale un tempo erano presenti gli unici servizi igienici dell’edificio. I cortili, in particolar modo, sono sempre stati oggetto di edificazione spontanea ed eterogenea che li ha resi privi di un ruolo all’interno del tessuto urbano, limitando il loro utilizzo al parcheggio delle automobili.
Spazializzare
A partire dall’analisi del nostro cortile sito in Corso Regina Margherita 142/144 a Torino, gli obiettivi principali che ci proponiamo saranno quindi migliorare la qualità dello spazio e restituire valore al cortile come luogo di convivenza interculturale e intergenerazionale, riattivandolo inoltre come spazio di socialità e di incontro. Tale progettualità sarà resa possibile promuovendo allo stesso tempo l’attivazione e il coinvolgimento diretto degli abitanti del condominio nella trasformazione e nella cura dello spazio del cortile. Tutti i lavori necessari, infatti, saranno realizzati sotto forma di piccoli workshop in cui ognuno possa mettere il proprio sapere a disposizione della collettività.
Sarà prevista dunque una mappatura delle competenze e delle capacità del condominio sulla base delle quali verranno costruiti i laboratori.
Visioni, immaginari e bisogni saranno individuati collettivamente per facilitare e permettere un cambiamento sottile e duraturo. Tale operazione si svolgerà in maniera collettiva, affiancando ai più tradizionali incontri conviviali organizzati nella corte, altre forme non convenzionali di coinvolgimento come l’utilizzo di ritratti fotografici per iniziare a costituire una memoria di cortile.
Sullo spazio si affacciano inoltre dei piccoli magazzini dove alcuni abitanti praticano già mestieri artigianali, come professione o anche solo come hobby, tenendo spesso le porte aperte a favore dei più curiosi: si valorizzeranno questi spazi e le loro competenze ed esperienze, preziose per la realizzazione dei laboratori.
L’insieme delle attività previste, inoltre, ha come obiettivo lo sviluppo di “linee guida” e “buone pratiche” di intervento indirizzate alle singole comunità locali, che potranno essere in seguito assunte e/o riformulate in altri contesti. Questo è possibile poiché i dettagli degli interventi e dei workshop sono disegnati dalle specificità dello spazio e della popolazione. In questo senso, il progetto potrà essere replicato in altri cortili diversi da quello per il quale è stato pensato, utilizzando e adattando la stessa formula.
“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.”
(Giacomo Leopardi, L’Infinito)
Amath Luca Diatta, Mauro Fontana e Ambra Seghesio, architetti