Urbanismo tattico, publicness, sperimentazioni progettuali: in questo momento di svolta, l’architetto deve saper cogliere gli spunti e le esigenze che provengono dalle comunità e gestire una riconversione degli spazi pubblici aperti seguendo i principi della qualità e della sicurezza. Il focus group OAT Infrastrutture della mobilità e territorio ha organizzato una discussione sul tema insieme all’architetto Rossella Ferorelli, esperta di riuso del paesaggio urbano. In questo approfondimento a cura del focus group puoi leggere le riflessioni nate dall’incontro.
Publicness: una risposta al bisogno di spazio pubblico
In un momento in cui le norme di contenimento del Covid-19 ci costringono a un distanziamento fisico importante e la voglia di tornare a vivere all’aperto ci spinge a uscire di nuovo di casa, il tema dello spazio pubblico, della sua scarsità e – non secondario – della sua qualità come luogo di vita e non solo di passaggio, si propone immediato e fondamentale. Per questo motivo l’incontro con l’architetto Ferorelli su tema “Il design e l’uso dello spazio pubblico urbano” dell’8 aprile, seppure programmato a inizio anno, in un momento non emergenziale, è stato quanto mai utile e attuale.
Non soltanto infatti si è parlato della progettazione di interventi all’interno della densità urbana, ma soprattutto della “qualificazione e/o riconversione dello spazio pubblico aperto quale struttura di supporto alla dimensione sociale, economica, relazionale delle comunità”. Ciò di cui, in questo momento, c’è urgente bisogno.
Abbiamo capito e ribadito, infatti, che la nostra esistenza non può essere tutta contenuta nei luoghi del privato e non possiamo permetterci di abbandonare a un utilizzo indistinto buona parte della superficie esterna, spesso regalato a una sosta selvaggia e disordinata, uno spazio di serie B.
Gli esempi sull’urbanismo tattico testimoniano quanto spazio, anche nel tessuto costruito delle nostre città, sia inutilizzato o male utilizzato, ma soprattutto sia privo di qualità, risultando non solo inutile e poco fruibile, ma anche spesso pericoloso e degradato. L’approccio alla publicness, ribaltando questa situazione, conferma che un metodo diverso permette di recuperare spazio per tutti, e inoltre testimonia che attraverso la sua cura e rivitalizzazione aumentano il livello di comfort, la sicurezza e la socialità, di cui ora si sente particolarmente bisogno. È stato rimarcato durante il dibattito quanto l’approccio delle sperimentazioni possa aprire, quindi, uno scenario di spazi di risulta che possono essere (ri)progettati, attraverso la sapienza dell’architetto, con le persone e per le persone, puntando alla restituzione della centralità all’essere umano come obiettivo della pratica e non come standard astratto di riferimento normativo. Uno stimolante lavoro di ricucitura e ridisegno degli spazi che permette all’architetto, in collaborazione con le amministrazioni, di sperimentare e innovare, proprio grazie al fatto che l’urbanismo tattico, nella sua caratteristica di temporaneità e di “trasformazione controllata”, tende a “stirare” le maglie di una normativa e un’abitudine progettuale spesso rigida e cristallizzata.
In ultimo, durante il confronto con la nostra collega, è stato unanimemente ribadito quanto e come una pratica più flessibile permetta di essere in grado di adattarsi a situazioni di emergenza e rapido cambiamento, come quello che stiamo vivendo, garantendo una maggiore possibilità di avere città vive, sicure e resilienti.
Focus group OAT Infrastrutture e mobilità del territorio