Architettura e AI: un rapporto ancora da esplorare

Sviluppi futuri, potenzialità e rischi per la professione sono i temi al centro del dibattito.

Qual è oggi e quale sarà, in futuro, il ruolo dell’intelligenza artificiale nel settore edilizio? Questa è la domanda che ha aperto i lavori del dibattito tenutosi a Restructura, coinvolgendo l’Ordine degli Architetti di Torino, il Politecnico di Torino e alcuni studi di architettura che hanno sperimentato l’uso di questa tecnologia nei loro progetti. I lavori sono stati introdotti dal saluto di Ilaria Ariolfo, consigliera dell’Ordine degli Architetti di Torino.

“Siamo ancora di fronte a uno scenario caotico”, racconta Maria Luce Lupetti, Assistant Professor in Interaction and Critical Design presso il DAD del Politecnico di Torino. “Dobbiamo capire quale ruolo possa avere l’AI nei progetti. È necessario fare ricerca, sperimentare pratiche e creare modelli per individuare ciò che è funzionale e ciò che non lo è”. Il percorso nell’esplorazione delle potenzialità dell’AI è affascinante, ma deve confrontarsi con la pratica dei processi progettuali. “Per certi aspetti, l’uso dell’AI è ancora superficiale, ma ci sono strumenti tecnici che supportano lo sviluppo dei progetti nella fase strutturale, senza essere necessariamente etichettati come AI”, prosegue Lupetti.

A cura di Carlotta Rocci.

L’adozione dell’AI negli studi di architettura

Sono soprattutto i grandi studi a integrare l’AI nei processi progettuali, addestrando l’intelligenza artificiale a generare immagini che rispecchiano il loro modus operandi e la loro cifra stilistica. Gli algoritmi vengono addestrati anche introducendo variabili tecniche, come temperatura e direzione del vento, per ottenere proposte che ottimizzano i consumi energetici.

Ad esempio, nel caso dello studio Foster & Partners, il team di sviluppo e ricerca ha creato una chatbot in grado di rispondere a domande relative all’applicazione dei regolamenti edilizi in vigore in diverse parti del mondo (Natural Language Design Assist). Tuttavia, nella maggior parte degli studi più piccoli, solo il 6% ha integrato stabilmente l’AI nel processo progettuale, secondo una ricerca del Royal Institute of British Architects. A Torino, quattro dottorande in Storia e Progetto del DAD del Politecnico di Torino – Luciana Mastrolia, Federica Joe Gardella, Francesca Moro e Marta Rossi – hanno condotto uno studio simile per fotografare la situazione sul territorio. È stato distribuito un questionario agli studi locali per indagare come ciascuno utilizzi l’AI. In una seconda fase, lo studio si è concentrato sull’espansione del fenomeno. “73 studi hanno risposto al questionario. Di questi, il 30% ha provato a utilizzare strumenti di AI, il 23% l’ha adottata in fase di ispirazione, come supporto per redigere relazioni progettuali e per modellare alternative progettuali in una fase più avanzata. Il 17% l’ha utilizzata per creare rendering”, spiegano Joe Gardella e Marta Rossi.

Gli scenari futuri

Non c’è dubbio che l’AI abbia il potenziale per rivoluzionare il processo progettuale, velocizzando alcune fasi. Tuttavia, è altrettanto vero che anche gli strumenti tradizionalmente utilizzati dai professionisti, come Archicad, stanno sviluppando nuove funzionalità integrate con l’AI. L’architettura si interroga anche sul rischio che l’introduzione tecnologica possa creare “nuove dipendenze”. Si tratta di un fenomeno le cui implicazioni devono ancora essere comprese e analizzate. “C’è una distinzione tra AI e tecniche ad elevata automazione?” si chiede Paolo Dellapiana dello studio Archicura. “La prima è sempre utile, la seconda nasconde rischi maggiori”. Quali sono le implicazioni di un algoritmo che pesca e rielabora le immagini da un bacino enorme di contenuti online? A questa domanda non esiste ancora una risposta univoca. Tuttavia, emerge il rischio che i progetti possano banalizzarsi: se la fonte delle immagini è sempre la stessa, è possibile che gli spunti generati finiscano per somigliarsi troppo tra loro. “L’AI è uno strumento utile per la categoria quando riduce il lavoro ripetitivo. Giocare con le immagini come una slot machine, però, è un processo che trovo ancora poco interessante”, commenta Dellapiana.

Nel dibattito hanno portato la loro esperienza anche Anselmo Cane e Vito Colacicco dello studio Mo.S.A, che hanno progettato un’edicola funeraria con il supporto dell’AI. “È uno strumento che va guidato per rispettare il concept che avevamo ideato”, affermano. “Abbiamo voluto però sperimentare, utilizzando l’AI come supporto alla progettazione”. Queste diverse visioni raccontano la complessità di una rivoluzione che deve ancora trovare il modo più funzionale per integrarsi alla professione di architetto.

Condividi

Ricerca un termine

oppure

Ricerca per argomento