Troppe norme, nessuna norma. Gli architetti e la politica a confronto, per un nuovo testo unico delle costruzioni

Dal convegno dell’11 novembre organizzato a Torino dall’Ordine degli Architetti emerge un quadro allarmante della normativa edilizia dopo il Decreto Salva Casa. I Presidenti degli Ordini Architetti hanno chiesto alla politica, come negli analoghi convegni che gli Ordini stanno organizzando in tutta Italia, di svecchiare l’attuale normativa, revisionando non solo il testo unico dell’Edilizia del 2011, ma anche la legge urbanistica ferma al 1942 e il decreto sugli standard del 1968. Il convegno di Torino ha messo bene in luce come in Piemonte l’iter di recepimento del salva-casa possa essere complesso: tra contrasti con la legislazione regionale e quella nazionale si rischia la paralisi. Difficile anche la situazione dei Comuni, che senza personale sufficiente e in assenza di chiarezza interpretativa si trovano a gestire una enorme mole di nuove pratiche.

Maria Cristina Milanese, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino, ha dichiarato: “L’approvazione della legge 105/2004 rende ancora più importante il compito dell’Ordine professionale che ha il compito di curare e verificare la formazione continua degli architetti, sia liberi professionisti che dipendenti. La politica deve però fare la sua parte, con norme chiare e organiche applicabili senza incertezze, che sostengano il grande complesso lavoro dei professionisti e dei Comuni che le devono applicare.” Milanese ha inoltre ribadito la necessità di una normativa organica che vada verso un nuovo Testo Unico delle Costruzioni.

“Proprio per fare chiarezza – continua Milanese – l’Ordine di Torino continua a promuovere eventi aprendo il dialogo sia alla politica nazionale e locale, sia al confronto tra realtà diverse sul territorio nazionale, coinvolgendo i presidenti dei diversi Ordini italiani. A questo convegno sono infatti intervenuti i presidenti degli architetti della nostra Regione, di Milano e di Roma. A questo lavoro di confronto si aggiunge inoltre il continuo dialogo con le istituzioni locali, con l’Ordine degli Ingegneri e con il Collegio dei Geometri, per una riforma necessaria.”

Un approfondimento di Carlotta Rocci

Il decreto Salva Casa mette in luce i limiti di un quadro normativo vecchio e stratificato.

Semplificare la norma per ridurre lo spazio di interpretazione. L’edilizia e l’urbanistica hanno bisogno di un testo unico che sia chiaro e univoco. Lo chiedono a gran voce gli architetti, non solo torinesi, che l’11 novembre hanno partecipato al convegno “Quadro normativo sull’edilizia dopo il Decreto Salva Casa”, organizzato dall’Ordine degli Architetti di Torino, Asti, Biella, Novara VCO e Vercelli, e ospitato dalla Regione Piemonte. L’incontro ha messo a confronto il mondo dei professionisti con quello della politica facendo emergere tutte le criticità del Decreto Salva Casa, trasformato in legge a luglio (legge 105/2024).

Il tema è l’inapplicabilità della legge che si scontra con norme regionali, regolamenti comunali e con la stessa normativa nazionale che, dal dopoguerra ad oggi, si è sovrapposta creando dei veri ingorghi burocratici. “Siamo pronti ad affrontare il problema e a fornire, per quel che ci compete, delle soluzioni”, ha spiegato la presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino Maria Cristina Milanese.

Dai sottotetti, alle variazioni essenziali, ecco i punti critici della legge 105 e le proposte degli architetti

Sono quattro gli argomenti di riflessione sollevati dai professionisti e riguardano, il recupero dei sottotetti, il cambio di destinazione d’uso, l’agibilità degli spazi, e le variazioni essenziali. Tutti questi punti evidenziano le stesse problematiche, con norme diverse, di diversa gerarchia che si accavallano creando confusione, in un corpo normativo così complesso da richiedere continuamente la possibilità di agire in deroga.

 Recupero dei sottotetti

Il Decreto Salva Casa permette di intervenire in deroga con interventi di recupero dei sottotetti, rendendo fruibili spazi, fino ad ora non utilizzati nelle abitazioni. La legge consente di intervenire, purché nel rispetto e conservazione dell’involucro dell’immobile. “Il problema è che per stabilire gli indici di derogabilità la norma non è autonoma e rimanda alle Regioni”, spiega l’architetto Luciana Gè. La Regione Piemonte era stata costretta a correre ai ripari con una revisione delle regole, approvata a inizio novembre per risolvere il pasticcio che aveva bloccato molti interventi a luglio, quando la legge nazionale si era scontrata con le modifiche di quella regionale, bocciate dalla Corte Costituzionale. Una norma ancora perfettibile, secondo i professionisti, in particolare per quanto riguarda la definizione di altezze minime e massime consentite negli interventi. Gli architetti chiedono di rendere autonoma la legge e non subordinata a norme regionali e regolamenti comunali.

Cambio di destinazione d’uso

Il cambio di destinazione d’uso è abbastanza frequente e, dunque, un aspetto interessante. Ma anche qui le norme non si parlano: la nuova legge stabilisce cinque categorie per individuare la destinazione d’uso, quella regionale ne prevede sei. “Manca anche una corrispondenza univoca tra la specifica attività che l’operatore è interessato ad attuare e la categoria prevista dalla normativa statale: spesso non siamo in grado di ricondurre l’attività alle categorie indicate. E non è chiaro nemmeno se la legge superi le norme della Regione Piemonte o se queste restino in vigore”, precisa l’architetto Tiziana Perino Duca.

L’agibilità

Dovrebbe essere l’atto conclusivo di ogni procedimento edilizio, una certificazione del rispetto dei requisiti di salubrità, una pratica sempre più importante, visto che è richiesta anche tra i documenti necessari in ogni compravendita. Ma i requisiti igienico-sanitari sono cambiati nel tempo e oggi ci sono immobili che non sono più certificabili nel rispetto delle nuove leggi. Il Decreto Salva Casa ha cercato di porre rimedio a questo aspetto introducendo la possibilità di deroga “ma non sempre è chiaro come utilizzarla e se questa valga solo per gli edifici antecedenti al 1975”, commenta l’architetto Maurizio Macrì. Alcune regioni si sono espresse individuando il 1975 come spartiacque, ma, di nuovo, manca una posizione univoca. L’auspicio è che vengano fornite linee guida nazionali.

Le variazioni essenziali

Il concetto e la definizione di variazione essenziale rappresenta la discriminante tra sanare o demolire un immobile. La legge stabilisce i criteri per l’applicabilità delle variazioni essenziali ma i termini sono troppo vaghi. “Si parla di aumento consistente, di modifiche sostanziali, terminologia che lascia ampio spazio alla discrezionalità”, spiega l’architetto Andrea Giraudi. La situazione del Piemonte è di nuovo peculiare: la modifica della legge regionale, cassata dalla Corte Costituzionale, aveva creato un vuoto normativo che è stato risolto il 7 novembre con l’approvazione della legge 25 che reintroduce la definizione di variazioni essenziali, ma ancora una volta il testo regionale non coincide con quello nazionale su tale definizione.

L’impegno della politica per un nuovo testo unico delle costruzioni

Il difetto principale del Salva Casa è dunque la discrasia tra norme, circolari, interpretazioni differenti, ma, se ha un pregio, è quello di aver aperto il dibattito sul tema di un corpo legislativo in ambito edilizio così vecchio, da aver stratificato norme su norme senza mai abrogare quelle precedenti, con il rischio, a volte, di paralizzare gli interventi. La legge urbanistica, tanto per fare un esempio, è del 1942, il testo unico dell’edilizia ha ormai 23 anni ed è condizionato dalla modifica al titolo V della Costituzione. Un nuovo testo unico delle costruzioni è, dunque, urgente e necessario.

Erica Mazzetti, deputata della Commissione ambiente, relatrice della legge di conversione del decreto Salva Casa, ha presentato un’interrogazione al ministro Matteo Salvini per chiedere i tempi del disegno di legge di un nuovo testo unico delle costruzioni. Per la deputata, che ha chiesto l’apertura di un tavolo di confronto al Ministero delle Infrastrutture, il testo va approvato entro la fine della legislatura. “La situazione è complicata, quasi imbarazzante. quello che succede a Milano, almeno ci ha fatto rendere conto che dobbiamo arrivare a riordinare il sistema. Non possiamo più permetterci di mandare via gli investitori. La nuova legge quadro dovrà comprendere urbanistica, edilizia e sicurezza in cantiere. Il caso Milano riguarda in realtà molte altre città”, dice Mazzetti che si riferisce al Ddl n. 1987 “Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana” per salvare i cantieri bloccati nella città. La senatrice Anna Rossomando sottolinea come la necessaria semplificazione “non voglia dire non regolamentazione. Non si può intervenire su piccoli e grandi abusi e non immaginare una programmazione dell’urbanistica che miri anche alla risoluzione dei problemi sociali. Nel Decreto Salva Casa non c’è nessuna programmazione, è più una grande sanatoria che non affronta i temi centrali, è stata una grande occasione persa”. L’errore, per il deputato Antonio Iaria, membro della Commissione per la semplificazione, è stato scegliere lo strumento del decreto e non del disegno di legge. “Il decreto legge ha imposto tempi che hanno comportato errori che ora è difficile correggere, ci vorrà tempo, ma nell’attesa come fa a lavorare un architetto?”, si chiede.

Le perplessità sul testo del Salva Casa non sono lontane da quelle dei professionisti, se questi ultimi si sentono in balia di normative contrastanti, la politica si interroga su chi abbia il compito di interpretare la norma nazionale. Dai presidenti degli ordini degli Architetti presenti a Torino è arrivato, dunque, univoco, l’appello a rinnovare l’attuale normativa revisionando non solo il testo unico dell’edilizia del 2011 ma anche la legge urbanistica del 1942 e il decreto sugli standard del 1968. Una richiesta analoga è stata avanzata nei convegni che gli Ordini stanno organizzando in tutt’Italia.

Il convegno di Torino, poi, ha messo bene in luce come in Piemonte l’iter di recepimento del Decreto Salva Casa, sia complesso: da un lato emerge il contrasto tra la legislazione nazionale e quella regionale, che rischia di paralizzare un settore, dall’altro il Decreto ha messo in luce la difficile situazione dei comuni che, in una perenne condizione di mancanza di personale, e senza regole chiare per interpretare la normativa, si trovano a gestire un’enorme mole di pratiche.

È possibile vedere il Convegno su Youtube:

Leggi la rassegna stampa:

Foto di Edoardo Piva.

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