Spina dorsale di un territorio, la mobilità influenza significativamente tutti i settori della vita di una città, dalla circolazione delle merci allo spostamento delle persone. Il lavoro degli architetti, che richiede una straordinaria capacità di adattamento a esigenze sempre nuove, avrà un ruolo di primo piano in questo ambito, in particolare attraverso la figura del mobility manager, collegamento chiave tra il livello politico e il livello manageriale nell’organizzazione cittadina, tornato centrale con il recente Decreto Rilancio.
Ma quali competenze competono al mobility management e in che modo è possibile intervenire in modo efficiente e sostenibile nel settore del trasporto pubblico e privato? Luigi La Riccia – ricercatore e docente di Urbanistica al DIST del Politecnico di Torino – ha curato un approfondimento per chiarire storia, ruoli e strumenti di questo professionista della mobilità.
Il mobility management
La mobilità è un elemento fondamentale per la vita delle persone e risponde alle loro esigenze di accessibilità, relazione e sviluppo: essa rappresenta quindi la spina dorsale di un territorio, promuovendo l’imprenditorialità e costruendo forti capacità locali. Qualsiasi azione intrapresa nel campo della mobilità produce effetti sulla città e sull’intero sistema territoriale e pertanto deve fare riferimento alle discipline della pianificazione, oltre che della gestione, che pongano l’accento su un approccio integrato alla base delle sue definizioni teoriche ed operative. La mobilità è quindi un sistema complesso che include la circolazione di merci e persone sul territorio con qualsiasi mezzo di trasporto. Questo sistema è formato, tra l’altro, da persone, merci, servizi, infrastrutture stradali, ferrovie, aeroporti, parcheggi e hub intermodali, trasporto pubblico e privato, piste ciclabili e aree pedonali. La combinazione di questi elementi influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti e ha un forte impatto sulla qualità dell’ambiente.
Il concetto di mobility management (MM), introdotto negli anni ‘90 ed emerso in modo più evidente nell’ultimo decennio, rappresenta la risorsa chiave per analizzare e gestire la domanda di trasporto. Esso implica un approccio totalmente nuovo che inizia con una piena comprensione delle esigenze delle persone e si evolve verso potenziali soluzioni in grado di soddisfare le esigenze dei gruppi della comunità con una gamma di soluzioni innovative. Con questo termine, secondo il significato dato dalla normativa europea, indichiamo un approccio diverso ai problemi della mobilità urbana orientato alla gestione della domanda che definisce e attua strategie, politiche e nuove procedure volte a garantire una mobilità efficiente di persone e merci, prestando particolare attenzione ai fattori sociali, ambientali e di risparmio energetico.
Il mobility management promuove e gestisce il trasporto sostenibile per ridurre la domanda di utilizzo del mezzo privato, orientando gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone. I principali obiettivi possono essere sintetizzati come segue:
- sviluppare e gestire un sistema di mobilità efficace, in grado di ridurre le congestioni del traffico e garantire la sicurezza incentivando l’uso del trasporto pubblico;
- sviluppare e gestire un sistema di mobilità efficiente, flessibile e integrata, consentendo agli utenti di raggiungere la loro destinazione in modo diretto e veloce;
- sviluppare e gestire un sistema di mobilità sostenibile, in termini di rapporto costi-benefici, basato su green solutions e esigenze sociali (servizi di interesse generale).
Per raggiungere questi obiettivi a livello europeo è stata istituita la figura del mobility manager che può utilizzare una vasta gamma di tecniche basate sull’organizzazione, il coordinamento, la comunicazione e l’informazione, aiutando a sviluppare misure “soft” nel settore dei trasporti (informazione e comunicazione, organizzazione di servizi e attività di coordinamento), complementari ad un approccio “hard” di costruzione di nuove infrastrutture o attuazione di misure restrittive, di competenza invece di un’amministrazione pubblica.
In Europa, i Paesi hanno introdotto il concetto di mobility management in periodi modi diversi: le differenze sono molte e riguardano quando è stato introdotto il concetto di mobility management; quali soggetti competenti, alle differenti scale, sono chiamati a occuparsi di mobilità sostenibile.
In alcuni Paesi, il mobility management è da tempo parte della legislazione nazionale (come in Italia e nel Regno Unito), che fornisce anche un riferimento diretto alla figura del mobility manager. In altri Paesi (come Austria e Slovenia), tuttavia, la gestione della mobilità è considerata in un senso più generale, implicitamente inclusa nei riferimenti ai trasporti, allo sviluppo sostenibile e alla pianificazione.
Se guardiamo all’Italia, il mobility management è stato inizialmente affrontato sotto forma di pianificazione del trasporto urbano. In particolare, il decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 (Codice della strada) ha introdotto per i Comuni con oltre 30.000 abitanti l’obbligo di redigere Piani urbani del traffico (PUT) finalizzati a migliorare le condizioni della mobilità urbana e le sue ripercussioni ambientali attraverso la promozione di misure per razionalizzare il traffico stradale in contesti locali. Il successivo decreto ministeriale “Mobilità sostenibile nelle aree urbane” emesso il 27 marzo 1998 dal Ministero dell’Ambiente italiano è invece da considerarsi il primo vero importante riferimento per la gestione della mobilità. Questo decreto imponeva alle Regioni italiane l’obbligo di introdurre misure per salvaguardare la qualità dell’aria e di incentivare i Comuni a trovare soluzioni volte a ridurre l’uso di auto private, ricorrendo ad esempio al car sharing e car pooling. La principale innovazione nello scenario normativo nazionale è tuttavia l’introduzione della figura del “mobility manager aziendale” con l’obbligo di fornire specifici piani per gli spostamenti casa-lavoro (PSCL, Piani per Spostamenti Casa-Lavoro) per le grandi aziende e organizzazioni con più di 100 dipendenti.
Il decreto ministeriale “Incentivazione dei programmi proposti dai gestori della mobilità aziendali”, emesso il 20 dicembre 2000 dal Ministero dell’Ambiente italiano ha successivamente introdotto la figura del “coordinatore della mobilità”, ovvero un profilo professionale con un ruolo di coordinamento nelle amministrazioni locali.
Oltre ad assistere le aziende nella stesura dei PSCL, incoraggiandone la coerenza con le politiche dell’amministrazione comunale sulle condizioni stradali, il coordinatore della mobilità è chiamato a promuovere l’intermodalità tra i servizi di trasporto locale tradizionale e i sistemi di trasporto complementari e innovativi.
Per quanto riguarda i temi del mobility management per razionalizzare la mobilità locale e promuovere la sostenibilità ambientale, vale la pena ricordare anche la Legge 340/2000 emanata dal Parlamento italiano il 24 novembre 2000: “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi” che ha introdotto il concetto di Piani Urbani della Mobilità (PUM) per Comuni con oltre 100.000 abitanti. I PUM implicavano un approccio più generale alla questione della mobilità urbana e riguardavano misure tecnologiche, organizzative e di gestione nonché il potenziamento delle infrastrutture di mobilità. Tra i soggetti regolati dai PUM vi sono regolamenti su strade e parcheggi, sistemi di trasporto locali e traffico. I PUM implicano un orizzonte temporale a medio-lungo termine a differenza dei PUT che, non contemplando interventi infrastrutturali, possono essere definiti e applicati in breve tempo.
Infine, uno degli ultimi riferimenti legislativi italiani più di interesse è la Legge 221/2015 emanata dal Parlamento italiano il 28 dicembre 2015: “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. All’articolo n. 5 “Disposizioni per incoraggiare la mobilità sostenibile” questo documento richiede ai PUMS (Piani Urbani di Mobilità Sostenibile) di verificare le soluzioni, con il supporto di aziende che gestiscono i servizi di trasporto locale su strada e ferrovia per il miglioramento dei servizi e la loro integrazione; assicurare l’intermodalità e l’interscambio; incoraggiare l’uso di biciclette e servizi di noleggio per veicoli elettrici o a basso impatto ambientale; migliorare il trasporto di persone disabili.
Il pianificatore territoriale come mobility manager
Il mobility manager è considerato come un collegamento chiave tra il livello politico e il livello manageriale: da un punto di vista terminologico, si può fare una distinzione in base alla scala territoriale in cui il mobility manager opera. Verrà chiamato “mobility consultant” se opera a livello regionale o urbano, sviluppando strategie per sensibilizzare sulle soluzioni di mobilità alternativa (in particolare senza auto) o “mobility coordinator” se opera in un sito specifico, supportando gruppi target e garantendo continui scambi tra l’organizzazione in cui lavora e le autorità locali. Entrambi elaborano un piano di mobilità che è un piano strutturale e strategico con l’obiettivo di identificare in una prospettiva a lungo termine problemi, strategie, azioni, obiettivi e indicatori di monitoraggio (in base alle scale pertinenti, ad esempio i PUMS).
Il mobility manager opera principalmente nella gestione della domanda di trasporto, lavorando in particolare sui movimenti e sui comportamenti quotidiani delle persone rispetto alle scelte modali: promuove la mobilità delle persone e delle merci tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e ambientali.
I compiti specifici del mobility manager sono quindi:
- aumentare la qualità e l’attrattiva del trasporto pubblico riducendo al contempo l’uso dell’auto privata;
- introdurre strategie e soluzioni nel campo della mobilità tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e ambientali;
- promuovere trasporti ecologici e sostenibili di persone (ciclismo, car sharing) e merci (ad esempio in treno);
- attuare piani di mobilità strutturale e strategica a diversi livelli (locale/municipale, provinciale, regionale) e in contesti diversi (pubblico, privato);
- promuovere comportamenti sostenibili legati alla mobilità, supportando il cambiamento delle abitudini delle persone in questo campo;
- promuovere scelte intermodali nel trasporto di merci e passeggeri nonché viaggi da casa al lavoro.
Per essere un buon mobility manager sono necessarie capacità di comunicazione, marketing, pianificazione e conoscenza delle tecniche logistiche. Sono necessarie capacità comunicative e interpersonali per attuare un’interazione efficace con gli utenti per quanto riguarda la loro mobilità e le loro abitudini di trasporto. Sono necessarie competenze di marketing poiché l’obiettivo finale è quello di cambiare i comportamenti volontari migliorando le modalità alternative. Infine, sono necessarie capacità di pianificazione territoriale e conoscenze logistiche per analizzare un contesto definito e ottenere dati utili al fine di pianificare soluzioni di mobilità e strategie mirate su esigenze e aspettative specifiche di un territorio.
Luigi La Riccia
Ti segnaliamo che alla figura del mobility manager sarà dedicato un corso nel prossimo semestre: appena sarà definito il catalogo ne daremo notizia, rimani aggiornato!
Ci siamo occupati del tema anche nell’ultima diretta Facebook #architettiamolacittà – fase due: puoi riguardarla qui!