Lavorare in contesti culturali diversi da quello nazionale significa affrontare nuove sfide e innumerevoli ostacoli. Con l’obiettivo di supportare gli iscritti che desiderano allargare i propri confini professionali, il Consiglio Nazionale degli Architetti ha pubblicato la guida Lavorare all’estero, a cura del suo Dipartimento Esteri.
Fare le valigie e salire su un aereo in cerca di fortuna non è l’unico modo per lavorare all’estero. Il CNA, infatti, identifica almeno tre casi diversi:
- Trasferirsi e cercare un impiego all’interno di uno studio locale. Un’opzione interessante soprattutto per i giovani, ai quali si prospetta l’opportunità di misurarsi con progetti di livello internazionale;
- Aprire una filiale del proprio studio. Una soluzione obbligata ad esempio per chi desidera lavorare in Cina o in alcuni Paesi mediorientali;
- Lavorare dal proprio studio in Italia in collaborazione con un local architect, limitandosi a frequenti trasferte.
Una volta scelta la propria strada, è importante valutare i punti di forza degli architetti italiani come l’invidiabile reputazione di cui godono all’estero e l’ottima preparazione tecnico-culturale, così come i punti critici, prima tra tutte la scarsa competitività rispetto ai colleghi stranieri, spesso dovuta alle dimensioni ridotte degli studi.
Dopo un’attenta valutazione delle opportunità e dei rischi che comporta lavorare all’estero, la guida propone alcune strategie per accedere ai mercati esteri, le possibili procedure di ingresso e un elenco dei Paesi più strategici (Europa, Medio oriente, Asia orientale, Repubbliche ex sovietiche e Africa).
Sarà costantemente aggiornata e arricchita nel tempo, anche con l’aiuto degli iscritti con esperienze all’estero che desidereranno condividere le proprie esperienze.