Appalti digitali

L’utilizzo del BIM, Building Information Modeling, sarà obbligatorio per la progettazione di tutte le grandi opere pubbliche di importo superiore a 100 milioni di euro. A stabilirlo è il recente Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in consultazione pubblica fino a lunedì 3 luglio 2017.

L’obbligo scatterà per tutte le stazioni appaltanti a partire dal 1° gennaio 2019 e, seguendo il dettagliato cronoprogramma, sarà gradualmente esteso a tutte le opere pubbliche fino a comprendere quelle di costo inferiore al milione di euro nel 2025.

L’obiettivo della nuova normativa è fare in modo che tutte le stazioni appaltanti ricorrano a software aperti tra loro compatibili, per favorire l’accesso e la concorrenza tra gli operatori; il processo di digitalizzazione consente inoltre di razionalizzare le spese di investimento e garantire la trasparenza delle procedure.

Nonostante il decreto abbia riscontrato pareri positivi da parte degli operatori, non mancano alcune perplessità sui possibili effetti collaterali; in particolare, la preoccupazione principale per i professionisti nasce dal silenzio attorno alla questione del compenso. “Se il BIM diventa obbligatorio” spiega Marco Aimetti, consigliere CNA e già presidente dell’Ordine di Torino “devono essere adeguati anche i parametri con cui si calcolano i compensi. Il BIM presuppone investimenti da parte degli studi e il rilascio di un prodotto molto complesso. Tutto questo deve essere valutato ai fini di un aumento significativo degli onorari”.

Il tema dell’equo compenso professionale è quindi ancora all’ordine del giorno. Sulla questione la Rete delle Professioni Tecniche e il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali hanno chiesto al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali di avviare un tavolo tecnico, in cui discutere anche dell’attuazione del Jobs Act Autonomi, ossia la Legge 81/2017 per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale.

Condividi

Ricerca un termine

oppure

Ricerca per argomento